Padova, 28 aprile > 20 maggio 2007
SILVIA VENTURI
PERSONALE
Galleria NOLOCO STUDIO
Galleria NOLOCO STUDIO

Galeotto, in tal caso, non fu il libro, ma uno scambio fortuito di immagini relative alla più recente produzione di Silvia Venturi, giovanissima e convincente. Nella ricerca, iniziata durante il 2002, non ha mai abbandonato la rotta verso la definizione di una poetica dedicata all'eterno coesistere di presenza e assenza.
Sculture dalle superfici trasparenti e volumi vuoti, ricami su carta che fissano punti destinati a sciogliersi segnano, infine, l'approdo al RICORDO. Essenza del perduto che perdura, segno impercettibile dall'enorme potere di condizionamento, è l'incarnazione della precarietà che contraddice sé stessa. La memoria nasce laddove muoiono i fatti e non può conoscere la morte perché, nell'attimo in cui la rimembranza cede all'oblio, cessa di essere ricordo.
Silvia Venturi ne offre la perfetta traduzione in termini iconografici, trascegliendo con cura mezzi e simbologie. Bustine di tè usate, asciugate e tese, memori di pause trascorse attorno a tazze bollenti e smozzichi di petites madeleines d'ascendenza proustiana, vengono elette a tele per evanescenti immagini. Volti rubati a fotografie di famiglia, rigorosamente in bianco e nero, si mescolano ai corpi mutanti ed effimeri di farfalle e insetti. Il carboncino si tira sulla superficie porosa e ingiallita, giustificando un connubio étrange pieno di fascino, a cui è piacevole abbandonarsi come falene obbedienti al richiamo lunare.
Chiara Costa per YORUBA
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